di Stefania Tadiello

Il diaframma è uno dei muscoli più ramificati del nostro corpo.
Collocato sulla linea di confine tra torace e addome, la sua azione è regolata dal nervo frenico, che s’irradia dalle vertebre cervicali e si connette anche al cuore e ai polmoni. L’attività del diaframma coinvolge e influenza tutti gli organi del tronco, con numerosi benefici sia per il corpo che per la mente.
FUNZIONI
La principale funzione di questo muscolo è quella respiratoria. Consente alla cassa toracica di espandersi e ai polmoni di riempirsi d’aria, dove avviene lo scambio gassoso di ossigeno e anidride carbonica. Così si garantisce l’ossigenazione ottimale dell’organismo.
Nella fase d’inspirazione aiuta il cuore a pompare il sangue con meno fatica, grazie alla variazione regolare della pressione infratoracica e infraddominale, e sottopone tutti gli organi ad un massaggio profondo. Nella fase di espirazione “risucchia” verso l’altro sangue venoso e linfa, favorendo la purificazione del corpo.
Migliora l’attività digestiva ed escretiva degli organi addominali (es. transito intestinale ed eliminazione del gas), ma anche il ricambio sanguigno (soprattutto nel fegato e nella milza).
Rinvigorisce il sistema nervoso, dando una sensazione di benessere e tranquillità.
Infine, un diaframma forte è importante per mantenere una corretta postura, perché il suo movimento si combina con quello di altre catene muscolari, che sostengono la spina dorsale e contribuiscono al contenimento degli organi addominali.
Il modo in cui si muove (o non si muove) il diaframma condiziona anche la nostra salute mentale. Emozioni positive, come allegria e serenità, sono associate ad un ritmo lento e profondo del respiro, mentre se ci sono rabbia o paura il diaframma s’irrigidisce e si contrae, fino a bloccarsi. In tal caso si attivano i muscoli della parte superiore del corpo, che si devono muovere velocemente per consentire ai polmoni di riempirsi d’aria a sufficienza e assorbire l’ossigeno necessario. Gli atti respiratori sono più brevi e frequenti rispetto a quelli in condizione di rilassamento.
Una scorretta respirazione può contribuire a far sorgere o aggravare stati di ansia, dolori di stomaco,
dolori cervicali, tachicardia, agitazione mentale e difficoltà di concentrazione.
In media un adulto sano compie 15 atti respiratori al minuto. Scegliendo di attivare il diaframma e
osservando il modo in cui respiriamo, ci accorgeremo di poter allungare il respiro e sentirci meglio.
IL DIAFRAMMA DAL PUNTO DI VISTA ENERGETICO
Il diaframma si trova tra Manipura Chakra e Anahata Chakra. La tradizione colloca il primo all’altezza del
plesso solare ed lo associa all’elemento Fuoco. E’ la scintilla della vita e della volontà che diventa azione. E’ un tipo di energia che ci rende consapevoli di chi siamo e come possiamo esprimere la nostra personalità nel mondo.
E’ necessario capire come indirizzare la nostra volontà per poter vivere, ma serve l’elemento Aria, associato al secondo chakra, per poterlo davvero fare. Come il fuoco si alimenta e continua la sua azione
trasformativa grazie all’aria, così le relazioni con ciò che è fuori da noi rendono possibile valorizzare la
nostra individualità e ci aprono la strada alla coscienza universale.
Il diaframma, con il suo ritmo, crea un “ponte” tra i due elementi e permette al praticante di passare da
una tappa all’altra del suo percorso di elevazione spirituale. Ma qual è lo strumento con cui realizza davvero questo passaggio?
IL PRANAYAMA
Spesso chi si avvicina allo yoga ignora cosa sia il Pranayama o, nel caso lo avesse provato, si chiede a cosa
serva. Questo accade perché il Pranayama è considerato una ginnastica respiratoria, ma non è così.
Il Pranayama (“prana”, energia vitale e “ayama”, controllo volontario) è un insieme di tecniche legate alla
respirazione diaframmatica, che coinvolgono in maniera attiva anche altre parti del corpo con delle
contrazione muscolari localizzate (bandha). Queste ultime hanno lo scopo di non disperdere l’energia e
potenziare gli effetti del Pranayama.
Negli Yogasutra (“Aforismi sullo yoga”) di Patanjali si parla di tre fasi della respirazione: inspirazione
(puraka); espirazione (rechaka); ritenzione del respiro (kumbhaka), che può avvenire a polmoni pieni
(antara kumbhaka) e a vuoto (bahya kumbhaka).
Quando si controlla il respiro si ha il dominio dei pensieri e delle emozioni, necessario al controllo dell’ego.
Non a caso il Pranayama viene subito prima di Pratyahara, il ritiro dei sensi, e Dharana, la concentrazione
perfetta di una mente libera da distrazioni. Qui appare chiaro come il movimento del diaframma colleghi,
oltre ad addome e torace, anche due fasi di esperienza del praticante di yoga secondo i testi della tradizione.
Se si pratica regolarmente e per lungo tempo, il Pranayama contribuisce a risvegliare l’energia vitale e a far risalire l’energia Kundalini verso la parte superiore del corpo, ripulisce le nadi (canali energetici), migliora lo scambio gassoso e il funzionamento di organi e corpi sottili.
Chi pratica seriamente yoga dovrebbe approcciarsi al Pranayama solo quando padroneggia bene gli asana (posture) e riesce a stare fermo per molto tempo senza avvertire disagio.
È opportuno osservare alcune indicazioni generali per praticare in serenità e sicurezza:
- il Pranayama dev’essere praticato SOLO con la supervisione di un insegnante per imparare in modo
appropriato e progressivo le diverse varianti, ma soprattutto per capire cosa si sta facendo e
perché lo si fa (la conoscenza attraverso la pratica è essenziale);
- i bambini e i ragazzi fino ai 18 anni NON DEVONO MAI PRATICARE PRANAYAMA, perché
interferisce col naturale processo di crescita;
- esplorare i diversi Pranayama per scegliere quello più adatto alla propria condizione e fare
domande all’insegnante sul modo migliore per farlo, con quale frequenza e intensità, soprattutto in
presenza di patologie o disturbi sia fisici che mentali *;
- praticare a digiuno, respirando col naso e prestando sempre attenzione alla muscolatura, alla
postura e alle emozioni che si provano;
- non insistere nello svolgere Pranayama per troppo tempo, soprattutto quando non si è allenati: se
si avverte uno sforzo eccessivo, fastidi di vario tipo (mal di testa, capogiri, nausea etc.) o malessere
emotivo bisogna fermarsi e, all’occorrenza, stendersi sulla schiena per riposare;
- non avere fretta: ogni atto respiratorio dev’essere fatto con lentezza, godendo delle sensazioni
piacevoli che ci trasmette. Inoltre si allena la muscolatura in modo progressivo e si affina la
capacità di ascolto di noi stessi;
- essere costanti e praticare ogni giorno, soprattutto al mattino o alla sera, aiuta ad affrontare
meglio la giornata e ad avere una qualità del sonno migliore.
Nello yoga esistono asana e pratiche di auto-massaggio che aiutano a sbloccare il diaframma. Possono
essere propedeutiche per riequilibrare il respiro naturale, o eseguite in combinazione col Pranayama, o
usate nello Yoga Therapy * per preservare e migliorare la salute e il benessere.
*Si ricorda che lo yoga non sostituisce le terapie mediche e psicologiche. Rivolgersi sempre ad un
professionista sanitario.
FONTI:
M.M. Gore, Anatomia e fisiologia delle tecniche yoga, Magnanelli – Torino, 1988;
Gheranda Samhita. La scienza dello yoga, traduzione dal sanscrito e commento di Ma Yoga Shakti, ed.
Mediterranee – Roma, 1995;
B. K. Iyengar, Teoria e pratica del pranayama, ed. Mediterranee – Roma, 2005;
Svatharama, Hathayogapradipika. La luce dell’Hathayoga, a cura di D. Di Marzo, Libreria Editrice Psiche –
Torino, 2011;
B.K. Iyengar, Teoria e pratica dello yoga, ed. Mediterranee – Roma, 2014;
M.Morelli, Il Diaframma: il muscolo delle emozioni in Yoga Journal, 07/07/2016
http://www.yogajournal.it/diaframma-muscolo-delle-emozioni/ .